Quasi tre quarti dei rifiuti marini sono fatti di plastica, a causa del loro grande uso e dell'incredibile persistenza nell'ecosistema marino. Tra questi, gli attrezzi da pesca abbandonati, persi o dismessi, rappresentano una delle principali cause di degrado dei fondali marini e delle specie bentoniche che in esse possono rimanere aggrovigliate. A farne le spese sono soprattutto i coralli, organismi in grado di formare vere e proprie foreste animali con strutture tridimensionali e arborescenti, simili alle foreste terrestri. Tali formazioni animali, così come i substrati rocciosi, offrono un facile appiglio a lenze e reti che, come bulldozer, strappano, rompono e aggrovigliano in una stretta mortale intere colonie sia durante le operazioni di pesca sia quando vengono abbandonate, poiché continuano ad esercitare la loro azione distruttiva sui fondali marini.
Quello che si osserva sul fondale della neo-istituita AMP di Capo Milazzo è uno spettacolo raccapricciante. Nelle migliori delle ipotesi, quando le colonie non vengono estirpate, l’azione abrasiva e prolungata di questi materiali non biodegradabili con le delicate ramificazioni coralline può progressivamente causarne la rimozione dei tessuti con conseguente infezione della parte interessata, colonizzazione da parte di specie incrostanti e conseguente morte dell’intera colonia. È quanto osservato da un gruppo di ricercatori italiani dell’Istituo Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) e della Stazione Zoologica di Napoli (SZN), che hanno appena pubblicato le loro osservazioni sulla prestigiosa rivista Environmental Pollution.
Lo studio, svolto nell’ambito di una attività finanziata dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è stato condotto mediante una telecamera filoguidata (ROV) nei fondali di Capo Milazzo, un piccolo promontorio situato nella costa nord-orientale della Sicilia, che per sua
rilevanza ecologica e l’elevata biodiversità, è stato recentemente eletto Area Marina Protetta della Sicilia, l' ultima delle otto già istituite.
La densità dei rifiuti nell'area di studio, spiega Pierpaolo Consoli ricercatore della Stazione Zoologica di Napoli e autore dell’articolo, è molto elevata: si contano fino a 8 rifiuti per m2 con una media di 3,5. Gli attrezzi da pesca abbandonati, principalmente le lenze da pesca, rappresentano la fonte principale di rifiuti marini e costituiscono circa 80% in numero del totale dei rifiuti osservati. Più del 28% di tali attrezzi, per la maggior parte lenze da pesca, è risultato la causa di impatti deleteri sugli organismi bentonici molti dei quali risultano specie di Octocorallia and Hexacorallia, protette ai sensi delle varie direttive e convenzioni internazionali: tra gli organismi più colpiti la gorgonia gialla (Eunicella cavolinii), seguita dalla gorgonia rossa (Paramuricea clavata) e dal corallo nero (Antipathella subpinnata).
La maggior densità di attrezzi e di impatti sulla fauna bentonica sono stati osservati nello strato batimetrico compreso tra 40 e 120 metri di profondità in corrispondenza della biocenosi del coralligeno caratterizzata da densi popolamenti di gorgonie, coralli neri e rossi, un habitat preferenziale per numerose specie di elevato valore commerciale, target primario della pesca professionale. La presenza congiunta di fondali rocciosi, dense colonie di coralli un maggior sforzo di pesca legato alla presenza di specie ittiche di elevato valore, aumentano la probabilità di perdita degli attrezzi da pesca che rimangono facilmente impigliati in questi habitat ad elevata complessità spaziale. Il problema degli impatti degli attrezzi da pesca sulle specie bentoniche non è sicuramente un problema recente, ma oggi grazie alla tecnologia offerta dai ROV dotati di fotocamere e videocamere sempre più performanti, è sempre più facile l’osservazione e lo studio di tali fenomeni direttamente in situ.
L'istituzione di una nuova MPA rappresenta sicuramente una soluzione ottimale per mitigare oltre che migliorare lo stato ecologico dell'intero ecosistema. Compito della nuova AMP- spiegano all' ente gestore - sarà quello di ridurre il fenomeno degli attrezzi da pesca persi nell’area tramite misure preventive quali il controllo della pesca illegale che probabilmente è la principale causa legata alla perdita di attrezzi, l’obbligo di marcatura degli attrezzi da pesca, il
miglioramento della tecnologia a bordo dei natanti per la localizzazione degli attrezzi persi.
E’ auspicabile a profondità accessibile, e ove non fortemente colonizzate, la rimozione diretta degli attrezzi persi, a differenza di aree profonde le cui le attività di recupero potrebbero essere proibitive per ragioni economiche e di sicurezza degli operatori.
Lo studio effettuato nella nuova AMP di Capo Milazzo risulterà prezioso ai fini del raggiungimento degli obiettivi prefissati a livello nazionale dalla Direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino. Che pone come obiettivo agli Stati membri di raggiungere entro il 2020 il buono stato ambientale (GES, “Good Environmental Status”) per le proprie acque marine. Il Marine Litter rappresenta infatti uno dei parametri fondamentali, per la valutazione del Buono Stato Ambientale, cui sono associati criteri ed indicatori per valutare la composizione e l’abbondanza dei rifiuti e delle micro-plastiche in spiaggia, nella colonna d’acqua o sul fondale marino o ingeriti dagli organismi marini.
Recentemente, visto l’impatto di tali fenomeni di entanglement sulle specie marine, le future azioni di monitoraggio del Marine Litter nell'ambito dell'attuazione della Direttiva sulla Strategia Marina (MSFD) e del Programma Integrato di Monitoraggio e Valutazione del Mediterraneo (IMAP) dell’UNEP, prenderanno inconsiderazione anche questo parametro, oltre a quelli sopra citati, per la valutazione del GES nelle acque europee.